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ACACIA.
Acacia, amor platonico
Linguaggio dei fiori.
Si vedevano in mezzo a molta gente, si scambiavano un saluto breve e
distratto, sedevano sempre lontani. Fra loro non ci erano nè sguardi,
nè sorrisi. Si conoscevano solo di nome, nulla avevano di comune.
Egli, Renato, venuto dalla nativa Germania, diviso dai suoi cari,
sotto l’affannoso ricordo di dolori recenti, era serio e grave per
natural costume; e frequentava gli allegri ritrovi per non attirarsi
la taccia di misantropo. Ella, Cherubina, una fanciulla umile e
timida, slanciata nella società prima del tempo, afferrata dal
vorticoso turbine del mondo, era piena di stordimenti e di paure. Alla
sua delicata natura, alla squisita sensibilità del suo cuore,
convenivano meglio la pace ed il silenzio della casa, ma le sue
allegre e robuste sorelle se la trascinavano dappertutto; essa che le
amava, non osava dire di no. Sibbene, ai balli, ai teatri, ai rumorosi
divertimenti, in mezzo ai piaceri, ella portava i suoi occhioni
sorpresi ed un volto che arrossiva alla minima emozione.