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Zia e nipote si guardavano, preoccupate, inquiete.

— Se rimettessimo a quest’altra settimana il matrimonio?

— No! — gridò Cecilia, balzando in piedi. — Penso che quest’anno non ballerò, poichè passeremo l’inverno in campagna. Cesare è stanco dei balli; io quindi ne sono stanca...

— Pare un romanzo, Cecilia.

— Siete sempre coi vostri libri, zia. Vi guastate la vita. Vedete, io non ne leggo mai e trovo molto naturale che Cesare mi sposi...

Chinò il capo di nuovo e si mise a disporre le calze nel cassone, uno strato fitto e multicolore su cui il bianco dominava.

— Ci metto dello spigonardo, zia? — domandò Cecilia che non poteva tacere. — Lo spigonardo, dicono, conserva la seta dai tarli.

— Sì, ma è un profumo volgare, Cecilia. Metti dell’ireos. Tu dovresti avere dell’ireos.

— Vado a vedere.

E scappò fuori. Zia Angiolina guardò an-

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