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146 scena

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— Non capisco come non abbiano portato i lumi.

— Sono rientrata ora da Villa Borghese — mormorò lei, fiaccamente. Poi, tastando un poco, trovò il campanello elettrico sul muro e vi appoggiò il dito. Un servitore entrò con due lampade coperte da paralumi di seta azzurra che mitigavano la luce. Il salottino apparve nelle sue tinte un po’ triste di velluto oliva con broccato oro vecchio, molto smorto; una quantità di rose thea sorgeva dai vasi di porcellana, dalle coppe di cristallo. Don Riccardo era in marsina, cravatta nera, gardenia all’occhiello.

— Già pronto? — chiese donna Livia.

— Ho sbagliato l’ora, non sono che le sei: aspetterò.

E si distese nella poltrona, accanto al fuoco, incavalcò una gamba sopra un’altra.

— Qui si fuma, eh Livia?

— Certo. Cerca un po’ le sigarette; sono su quel tavolinetto.

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