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252 | Il segreto |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - Gli amanti.djvu{{padleft:262|3|0]] spiro. Di sera non si poteva aprire la finestra, non un filo d’aria entrava ad agitare la fiammella diritta; di sera, vampe di calore, fra cui mettevano una nota acuta l’acqua di finocchio e il catrame distillato, salivano al cervello di Pietro, il figliuolo che vegliava sua madre. Il silenzio della camera era rotto dal rantolo cupo o dal fischio sottile di quei polmoni agonizzanti; era rotto dallo scoppio di quella tosse dura, insistente.
Egli vegliava, tenendo lo sguardo fisso, immoto, sulla faccia di sua madre. Pareva volesse scolpirsi in mente quel volto affilato, diminuito dal male, volto di cui già alcune linee erano diventate immobili. Egli sapeva che la madre moriva; lo sapeva, e l’anima sua lo mormorava a sè stessa, quasi per convincersene. Non una lagrima saliva agli occhi riarsi di quel figlio, non un singulto lacerava il petto di quel figlio. Era stupefatto. Egli viveva, quasi pietrificato, in quella stanza, andando, venendo, porgendo le medicine, porgendo da bere, accomodando i cuscini, aiutandola a sollevarsi. Viveva come un sonnambulo, con