< Pagina:Serao - Gli amanti.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

Cariclea 257

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - Gli amanti.djvu{{padleft:267|3|0]] cui la faccia s’induriva, le palpebre socchiuse, la bocca storta, la testa inclinata sul lato destro, poichè il polmone sinistro era consumato.

— Mamma.... — mormorava il figlio, piano.

E lei, svegliata, conservava quella durezza di tratti, gli occhi fissi e vitrei.

— Mamma, parlami, dimmi....

Talora quando la vedeva così ritirata in sè stessa, l’anima lontana, con quella indifferenza suprema per cui la mente sembra già staccata dalle cose terrene, con quel disinteressamento per cui il morrente pare già fatto cosa di un’altra sfera, pare già in alto, trattenuto appena da un filo invisibile, egli la chiamava, disperato, con la voce turbata con cui il Redentore dovette chiamare Lazzaro:

— Mamma, mamma!

Ella viveva ancora. Si pigliavano per mano: Pietro le parlava sottovoce, come un bambino, pieno di carezze nella intonazione, dicendole che l’amava, che le voleva bene, che l’adorava, che la idolatrava, che era la sua mamma cara, unica,

Serao

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - Gli amanti.djvu{{padleft:267|3|0]]

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.