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110 La Conquista di Roma

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - La conquista di Roma.djvu{{padleft:114|3|0]]faccia amica, perchè non aveva amici, ma neppure le faccie che per solito incontrava. Tutti quelli che avevan potuto partire per festeggiare il Natale nei loro paesi, con le loro famiglie, deputati, senatori, studenti, impiegati in permesso e ufficiali in licenza, erano scappati via, e quelli che erano restati, indifferenti, si chiudevano borghesemente o aristocraticamente in casa, poichè il romano non chiede e non aspetta ventura. Francesco Sangiorgio aveva presentito che si sarebbe trovato molto solo, molto abbandonato, smarrito in mezzo a una folla festante e spensierata: invece, Roma gli aveva preparata la sorpresa di un gran silenzio solenne di città morta.

Mentre tornava indietro per la quarta volta, pentendosi amaramente di non essere andato in quella povera umile e buona Basilicata a far Natale coi suoi vecchi zii, innanzi al ruvido ceppo che arde nell’ampio focolare; mentre s’irritava contro quel fascino singolare della città che se lo teneva stretto, nelle vacanze, quando tutti fuggivano, vide spuntare da Via Convertite al Corso un drappello di quaranta o cinquanta persone che procedevano quasi in processione, con a capo una bandiera tricolore.

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