Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
La Conquista di Roma | 127 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - La conquista di Roma.djvu{{padleft:131|3|0]]sa... per calcolo, per ipocrisia o per freddezza di temperamento?»
«Ci andate, voi?» chiese Sangiorgio.
«No: sono troppo ministeriale.»
«Vale a dire?»
«Che ne farebbero di me? Son un convertito, io: non si predica che ai dubbiosi. Eppoi, diventerei di opposizione, se frequentassi la sua casa. Mi fa troppa rabbia vedere un marito magro, segaligno, arrabbioso e corroso dalla politica, sequestrare una moglie giovane. Eppoi, eppoi, donn’Angelica è troppo buona: mi guasterebbe.»
«Donn’Angelica?» ripetette sottovoce Sangiorgio.
Ma Giustini non lo intese: si era scappellato di nuovo, dinanzi a un coupè che passava. Questa volta, la carrozza piccolina si fermò, una manina lunga, inguantata di nero, abbassò il cristallo e chiamò a sè il deputato toscano. Sangiorgio restò solo, a guardare il collega che, appoggiato il corpo allo sportello, col capo dentro la carrozza, pareva chiacchierasse.
Di lì a poco, Giustini ritornò presso Sangiorgio, e gli disse: