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La Conquista di Roma 131

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - La conquista di Roma.djvu{{padleft:135|3|0]]San Pietro. L’ha visto? Sì. Una grande chiesa, deserta e inutile, nevvero? Dopo San Pietro, un grande gruppo di edifici, quà e là tagliati dal verde dei giardini: sembrano piccoli, di quà, quegli edifici e avvolti in un sonno profondo. E’ il Vaticano, quello: vi è il papa, là dentro. Ha settant’anni, è gracile, soffre, la morte gli è sopra, che importa? Egli è forte. Quanta gente crede in lui, tende a lui le mani, si prostra innanzi a lui, prega nel suo nome, muore nel suo nome! Noi contiamo, esultanti, le schiere degli atei e degli scettici: chi può contare quelle dei credenti? Ci crede Lei, in Dio, onorevole?»

«No.»

«Neppur io. Ma il papa è forte. Egli ha per sè gl’infelici, gli sciocchi, gli umili, i giovanetti, le donne: le donne che si trasmettono di madre in figlia, non la religione, ma il culto. Le pare che si dorma, laggiù, sulla sponda del fiume, in quel grande palazzo dove Michelangelo ha dipinto? È il Vaticano, quello: tutta una idea colossale a cui serve, da cui si dirama una popolazione di cardinali, di vescovi, di parroci, di preti, di monache, di frati, di seminaristi, di chierici, e costoro non pregano, non officiano, non

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