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La Conquista di Roma | 157 |
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«L’onorevole Parodi non vi è,» replicava lo usciere con pazienza.
«Eppure ci dovrebbe essere,» mormorava l’altro.
«Chi ha chiesto l’onorevole Sambuchetto?»
«Io,» rispondeva un giovanotto, dal viso smorto e dal soprabito gramo, col bavero alzato.
«Vi è, ma non può venire.»
«Perchè non può venire?» chiedeva, con tono insolente, il giovanotto, quasi facendosi livido.
«Non ha scritto altro: non può venire.»
Il giovanotto si mescolava alla gente che riempiva la stanza, ma non se ne andava: restava rabbioso, borbottando, col cappelletto abbassato sugli occhi, con una cera di malcontento poco promettente. Del resto, tutt’i visi della gente che andava e veniva impaziente, in quella sala, o se ne stava accasciata sui divanetti appoggiati al muro, tutti quei visi avevano un’impronta di tristezza, di fastidio, di sofferenza repressa. Pareva l’anticamera d’un medico celebre, dove vengono a riunirsi, l’un dopo l’altro, gl’infermi, aspettando il loro turno, guardandosi intorno, con l’occhio vago di chi non s’interessa più a nulla, col pensiero sempre rivolto alla propria in-