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166 La Conquista di Roma

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - La conquista di Roma.djvu{{padleft:170|3|0]]si stirò, con un moto macchinale, la maglia di seta nera sui fianchi.

«Vi piace la vampa, Sangiorgio? Vi dev’esser freddo laggiù, in Basilicata».

«Molto freddo», diss’egli, sedendosi in una poltroncina. «I caminetti eleganti non ci sono: ci sono certi larghi e alti camini, sotto la cui cappa, a destra, si pone un banco di legno. Ivi siede il capo della casa, nell’inverno, e attorno i figliuoli e i parenti».

«Io amo molto il fuoco, nel caminetto,» diss’ella, con gli occhi socchiusi, come gravi di languore; ma quando vi è qualcuno. Da sola, mi contrista».

Parlava, con le due braccia abbandonate lungo i bracciuoli del suo seggiolone, appoggiando la testa alla spalliera. La luce della lampada faceva scintillare l’oro con cui era ricamato l’alto goletto della sua maglia e traeva una scintilla da una fibbia d’oro, sopra la scarpetta nera: il piedino si avanzava, un po’ grasso, ma inarcato.

«Non sarete mai sola, credo».

«No, mai,» rispose ella francamente; «la solitudine è odiosa».

«Infatti.....» assentì lui, vagamente.

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