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20 La Conquista di Roma

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - La conquista di Roma.djvu{{padleft:24|3|0]] fascino. Non poteva, non sapeva formarsi l’idea che quelle quattro lettere, come scolpite nel granito, rappresentavano. Il senso che quello fosse un nome di una città, di un grande agglomeramento di case e di popolo, gli sfuggiva: Roma gli era ignota. Per mancanza di tempo, per non sciupare del denaro, ragione di tutte più forte, avvocatuccio ignoto, individuo insignificante, egli non era mai stato a Roma. E non avendola vista, non poteva rappresentarla che astrattamente, come una grande cosa fluttuante, come un grande pensiero, come una grande visione singolare, come un’apparizione femminile ma ideale, come un immensa figura dai contorni indistinti. Così, tutto quello che egli si figurava di Roma era grandioso, ma indeciso, indefinito: paragoni strani, finzioni che diventano idee, un tumulto nella fantasia, un miscuglio d’immagini e di concetti che si sovrapponevano. Dentro quella maschera glaciale di meridionale pensieroso, ardeva il fuoco di una immaginativa abituata a contemplazioni egoistiche e solitarie: e Roma vi metteva il subbuglio.

Oh! egli la sentiva, Roma: la vedeva, come una colossale ombra umana, tendergli le immense braccia materne, per chiuderselo al seno, in un

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