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La Conquista di Roma 253

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - La conquista di Roma.djvu{{padleft:257|3|0]]di Castelforte: le altre voci si udivano smorzate e senza senso, come suoni che uscissero da un involucro di bambagia. Poi Scalìa tornò indietro verso Sangiorgio, e Bomba andò a Oldofredi: Castelforte e Lapucci, chini a terra, sbarazzavano il terreno coi piedi, e segnavano delle linee coi bastoni. Scalìa giunse allo sportello:

«Spogliatevi. Lasciate la redingote e il cappello nella carrozza.»

Prese le sciabole e il guanto, e tornò verso il luogo dello scontro: anche Bomba tornava, con le sciabole e con un altro guanto. Sangiorgio, che cominciava ad avere un brivido nel petto e alle scapole, brivido di impazienza e di desiderio, buttò via il cappello, si trasse furiosamente il paletot, la redingote, la sottoveste, la cravatta, e s’avviò in furia verso i padrini. Il crollo acuto e secco delle sciabole buttate sull’erba da Scalìa lo fece trabalzare. Castelforte gli gridò da lontano:

«Tenetevi il paletot: fa freddo.»

Sangiorgio tornò indietro, prese il paletot, se lo buttò sulle spalle, raggiunse i padrini. Nel mezzo del terreno, Castelforte e Lapucci traevano a sorte il comando del combattimento e la

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