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292 La Conquista di Roma

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - La conquista di Roma.djvu{{padleft:296|3|0]]infallibile. Egli non domandava che fosse, ma sentiva tutta la sua personalità scomparire, annegarsi, morire in quella donna: egli era preso, non da lei, forse, ma da quello che ella provava. Tutto il vago, l’arcano, il mistico di un dolore femminile, senza lamenti e senza lacrime, senza cause e senza limite, gli saliva dal cuore al cervello, allargandosi, prendendo possesso, scacciando quanto altro mai trovasse sul suo cammino. No, non era più la pietà, la grande natural pietà dell’uomo verso la donna che soffre: la pietà è ancora un sentimento personale, la pietà è ancora un egoismo, la pietà è ancora il grido dell’individuo. Era lui, lui che soffriva, ora, come se la tortura di quel cuore femminile fosse la propria tortura; era lui che sentiva la puntura acuta delle lagrime che ella non versava, abbruciargli le palpebre; era lui che spasimava nell’altruismo, parendogli di esser perduto nell’angoscia, in un grande vuoto angoscioso, come quella donna appariva perduta, nuotante nel vacuo della sofferenza.

Poi, come l’ora funebre procedeva, pel tempio pagano dove degnamente posava l’Eroe, si diffuse un sottile odore cristiano, d’incenso: e le

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