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294 La Conquista di Roma

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - La conquista di Roma.djvu{{padleft:298|3|0]]tamento di quella donna, tutto gli sembrava finito, come tutto era finito per lei. A ogni nuovo squillo del campanello, come ella sussultava, quasi chiamata da una voce lontana, lo stesso movimento si ripercoteva in lui: nulla che nascesse in lei, spiritualmente, che non si svolgesse in lui, subito, per ripercussione.

Attorno al catafalco, una fila di preti si schierò, tenendo nelle mani i cerei accesi: la croce d’argento, dove era confitto il Cristo Redentore morente, stette immobile, di fronte alla bara. E dalla musica, una voce partì, stridula, straziante, una voce che non cantava, ma gridava, una voce che non pregava, ma chiedeva: libera, libera, libera me, Domine. L’invocazione cristiana, il grado di dolore che chiede la liberazione, fece levar gli occhi alla dolcissima donna. E nei suoi tratti, che il pallore di fiore languente facea sembrare quasi consunti, nei suoi tratti sfigurati, un potente verissimo desiderio nasceva.

Ora, mentre la voce aspra e quasi straziata del cantore domandava al cielo, con la emozione mistica, la liberazione, donn’Angelica, dopo aver percorso tutti gli stadi imprecisi, roteanti del dolore, sentiva in sè precisarsi la necessità del suo

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