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298 La Conquista di Roma

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - La conquista di Roma.djvu{{padleft:302|3|0]]cornice, sospesa a un cordoncino nero, la fisonomia acquistava una vivacità, quasi una giovanilità.

E quella lente, in don Silvio Vargas, era un barometro infallibile: nelle ore di riposo quasi quasi l’arco del sopracciglio non la reggeva: nelle ore d’indifferenza pareva smorta, appannata, l’occhio dietro di essa era chiuso o socchiuso, immobile; nelle ore di stanchezza profonda, di delusione, la lente si staccava dalla sua orbita, ricadeva sul petto, si perdeva fra le pieghe del soprabito e della sottoveste; nelle ore di battaglia, di scaramuccia, di combattimento, la lente stava ritta, al suo posto, lucida, nitida, l’occhio era aperto e scintillante. Gli avversari e gli amici, troppo passionati per essere osservatori, non avvertivano questi mutamenti che più tardi, dopo: il barometro politico essi lo trascuravano: sentivano la gagliardia o la debolezza, non vedevano dove si manifestavano.

Donn’Angelica Vargas, quando aveva inteso annunziare, dopo colezione, il deputato Sangiorgio, si era levata per andarsene. Ma il marito, mentre chiudeva un giornale e ne apriva un altro, le aveva detto di restare, brevemente, come

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