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314 | La Conquista di Roma |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - La conquista di Roma.djvu{{padleft:318|3|0]]e in tanto bigio qualche cosa di rosso, di acceso balenò. Sotto il mantice abbassato di una daumont, qualche cosa di bianco, un viso fulgido, il viso regale, passò: passò l’equipaggio reale sul ponte, al trotto, mentre la regale donna salutava al saluto di Sangiorgio; e tutta la visione, brevissima, accesa, fulgida, scomparve verso Roma. Sangiorgio si rivolse di nuovo al fiume.
Nulla sapeva la donna: perduta nelle sue visioni, il rumore, il passaggio purpureo dell’equipaggio regale, quella specie di cometa bionda e luminosa che aveva per un istante animato quello scurore di tramonto nuvoloso, le era sfuggita. Pareva non sapesse più distaccarsi dalla vista del severo Aniene dalle acque gelate. Egli la vide inchinarsi due o tre volte, quasi volesse contemplarsi nell’acqua o vedere il fondo del fiume. Poi le mani di lei sfogliarono una rosa e ne gittarono i petali bianchi nell’acqua fuggente che li portò via: e una dopo l’altra, tutte le rose furono sfogliate e, a manate, i petali lasciati andare alla corrente. Non ella strappava rabbiosamente quelle foglioline bianche dallo stelo, ma le distaccava con un moto di abbandono, come se realmente tutto partisse, tutto morisse nel suo