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La Conquista di Roma | 331 |
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E anche l’attraversare i due saloni e il corridoio delle statue era una passeggiata molle e silenziosa: ma già nel fiato caldo che i caloriferi mettevano dappertutto e in quell’approssimamento quieto e pieno di dolcezza, le donne schiudevano le labbra al sorriso florido dei balli, il sorriso che si diffonde per tutta la faccia, per tutta la persona. E alla porta del grande salone da ballo, il cerimoniere, che offriva loro il taccuino da ballo, un mazzetto di fiori e il braccio per introdurle nel salone, aveva la primizie incantevole di quel sorriso: il padre, il marito, il fratello erano abbandonati senza un saluto, senza una parola.
Scintillìo profondo di gemme. Su tre file di panchette rosse, trecento donne erano sedute, ingemmate nei capelli, alle orecchie, al collo nudo e sul seno, sulle braccia. Da certe testine, più modeste, partiva un raggio sottile, vivissimo, a ogni movenza: ma alla ondulazione di certe spalle altiere che s’inchinavano, al moto di un braccio che agitava un ventaglio piumato, era tutto un vivido fluire di scintille, un balenìo chiarissimo e fulgido. Strette le donne l’una all’altra, l’un vestito femminile assorbiva e con-