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La Conquista di Roma | 335 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - La conquista di Roma.djvu{{padleft:339|3|0]]dal vestito, con le braccia molli e abbandonate, con una serenità inflessibile di bellezza sulla figura. Dietro di loro, sotto l’orchestra, nei vani delle porte, la massa bianca e nera degli uomini fluttuava, ma silenziosamente: e l’attesa di un minuto parve lunghissima. Poi, sotto la porta del fondo, qualche cosa di fulgido apparve, un fulgore moltiplicato e concentrato che parve la visione di una cometa: e mentre lo splendore augusto femminile s’inchinava, scintillando, con un moto di grazia suprema, quella siepe scintillante di gioielli, quella gran fittezza di gemme, quello splendore di stelle, s’inchinò profondamente. Al femminile eterno, nella sua unicità, riveriva il femminile eterno nella sua molteplicità. Gli uomini — turbati — guardavano.
Ergendosi sulla punta dei piedi, Francesco Sangiorgio cercava di scorgere dove fosse la dolcissima donna. Egli era fra un gruppo di deputati, l’onorevole Galvagna, il colonnello delle province irridente, l’onorevole di Sangarzìa che aspettava pazientemente di raggiungere le signore, l’onorevole di San Demetrio che applicava la galanteria alla diplomazia: ma Sangiorgio cercava donn’Angelica.