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338 | La Conquista di Roma |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - La conquista di Roma.djvu{{padleft:342|3|0]]messo là per aver il profumo e la poesia di un fiore, messo là perchè soltanto lo sguardo di colui che sapeva amare, lo distinguesse.
E invero fra tanto rigoglio di bellezza, talvolta mite e semplice, talvolta provocante, talvolta gracile e delicato, fra tanto espandersi di bellezza e di seduzione, donn’Angelica era la bellezza pura e pensosa, la bellezza nella sua espressione di candore malinconico, nella sua serenità di cuore che ha vissuto.
Tutto in lei era casto: il vestito bianco ricchissimo, ma di un colore appannato, senza sfarzo, con lieve scorrere di fili d’argento, fra la trama, qua e là, come pensieri, come idee dolci che allietavano la monotonia di quel candore; le pieghe nobili dello strascico che avevano qualche cosa di classico, come il panneggiamento di una casta statua antica; la scollatura giusta, in modo che nulla vi perdeva di attrazione la donna, tutto vi guadagnava come castità la signora, la ricchezza della spallina che nascondeva il punto provocante, quasi sensuale, dove la spalla della donna diventa braccio; il guanto chiarissimo, di un bianco rosato, di una pelle finissima, che oltrepassava castamente di cinque dita il gomito e