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La Conquista di Roma | 31 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - La conquista di Roma.djvu{{padleft:35|3|0]]biuzza penetrante, un lieve sentore cattivo, l’aspetto nauseato e nauseante di una città che appena si sveglia, nella gravezza flaccida delle mattinate d’autunno, con quel fiato di febbre che pare aliti dalle case.
L’onorevole Francesco Sangiorgio era molto pallido, e aveva freddo — nel cuore.
II.
Quel giorno bisognava resistere e non andare a Montecitorio. Non pioveva più, come per stanchezza di quella settimana di pioggia: un fiato molle di acqua fluttuava ancora nell’aria, le strade erano fangose, il cielo tutto bianco di nuvole: una gente smorta, chiusa nei soprabiti, coi calzoni arrovesciati sul collo del piede e col viso incerto di chi non si fida, girava per le vie. Da una finestra dell’Albergo Milano, l’onorevole Sangiorgio guardava il palazzo del Parlamento, dipinto in color legno chiaro, su cui la pioggia autunnale aveva impresso certe larghe macchie più oscure, e cercava di raffermarsi nel suo proponimento di non entrarvi in quel giorno.
Per sei giorni di pioggia, egli era stato lì dentro,