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La Conquista di Roma 353

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - La conquista di Roma.djvu{{padleft:357|3|0]]delle spalle nude; attraversarono altri tre o quattro saloni vuoti, si trovarono nel salone delle cene, dove era un allegro rumorìo di forchette, un tintinnìo di bicchieri. Ritornarono indietro: infine nel salottino degli arazzi di don Chisciotte, trovarono don Silvio in uno strettissimo colloquio con l’ambasciatore d’Inghilterra. Donn’Angelica fece per accostarsi, ma con un cenno delle palpebre don Silvio glielo proibì, le fece intendere di allontanarsi: ella chinò il capo, arrossendo, trascinò via Sangiorgio rapidamente.

«Non ballate voi, Sangiorgio?» gli domandò, ridendo. «Siete troppo serio, voi: a che pensate sempre così? Non alla politica, spero?»

«Oh no!»

«Non ci pensate, non ci pensate, ve ne prego,» fece lei, appoggiandosi maggiormente sul suo braccio. «Non sareste innamorato per caso?»

«Sì,» disse lui, schiettamente.

Ella si arrestò, un po’ interdetta, pentita di aver detto troppo. E subito parlò di altro, del ballo, degli arazzi, di don Chisciotte, del caldo, di tutto, con una voce un po’ velata. Il ballo, alle due dopo mezzanotte, era nel suo più vivo splendore: nel salone da ballo una quarantina di

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