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La Conquista di Roma | 363 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - La conquista di Roma.djvu{{padleft:367|3|0]]legato di nero. Sangiorgio si allontanò rapidamente, sempre più fiducioso. E invero, in tutto il giardino che le balie, le cameriere, le istitutrici, le mamme modeste prediligono e che i bimbi adorano, era uno squallore di parco abbandonato, donde è fuggito ogni rumore, ogni traccia di vita: l’aiuola grande intorno a cui si mette la musica, pareva da anni non richiamasse più nessuno; i leggii di ferro, sparsi qua e là e che servono per la musica del concerto, erano sbandati e arrugginiti, come se per un’infinita quantità di tempo avessero ricevute le ingiurie del sole e della pioggia, senza che la mano dell’uomo li toccasse; nella piccola bacheca del venditore di palle elastiche, di cerchi, di corde per saltare, non vi era un’anima, e la sua merce era sospesa all’albero senza che niuno pensasse a venderla, a comperarla, a rubarla; silenzioso, deserto, immobile, coi suoi cavallucci azzurri e rossi, il carosello; pendente, come piangente, come trascinante il suo abbandono, la corda dell’altalena. Negli altri giorni tutti questi ingenui divertimenti eran pieni di strilli infantili, di vive risate, di richiami materni, di voci allegre: ora i bimbi e le madri e le serve erano laggiù, per-