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La Conquista di Roma | 367 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - La conquista di Roma.djvu{{padleft:371|3|0]]candore della veletta bianca. Non dunque lei era un fiore primaverile, un grande fiore umano sbocciato per la sua delizia?
Quando furono accanto, non si salutarono, non si tesero la mano, ella stringeva nel piccolo pugno il manico dell’ombrellino, un galletto di legno scolpito, con la cresta rossa: non si parlavano, camminavano l’uno accanto all’altro, senza guardarsi.
«Grazie,» disse lui.
«No, no,» rispose lei, subito.
E guardandosi intorno, con un’occhiata timida, soggiunse:
«Qui ci vedranno tutti.»
«Non vi è nessuno; non temete.»
«Nessuno?»
«Nessuno; è carnevale.»
«È vero; tutti sono al Corso: dovevo andare anch’io...»
E si accostò al largo terrazzo soleggiato, donde si vedeva tutto il mare magno della folla clamante, in Piazza del Popolo: egli provò una fitta al cuore, come se quello spettacolo gli togliesse una parte della sua felicità. Ella appoggiò al parapetto la mano sottile inguantata di camoscio: