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La Conquista di Roma 375

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«Ahimè! L’esperienza, amico».

«L’esperienza mentisce!» esclamò egli, con violenza, «l’amore mio non è simile a nessun altro.»

Angelica chinò il capo, come vinta, per un momento: e Sangiorgio si pentì della sua violenza.

«Perdonatemi, signora,» le disse, umilmente, «ma l’idea di perdervi mi è insopportabile.»

«Eppure dobbiamo lasciarci. Meglio ora che più tardi: più tardi soffrireste molto di più, io avrei maggiori torti, voi avreste il diritto di accusarmi. La consuetudine inacerbisce ed esalta l’amore: verrebbe un giorno in cui non potremmo dividerci più, giorno di spasimo per voi, di vergogna per me. Ora... ora, ancora tutto è possibile. Che siamo l’uno per l’altro? Nulla: meglio così. Ci siamo visti, quattro o cinque volte...»

«Io vi ho vista sempre.»

«In mezzo alle volgarità della vita...»

«Io ho pianto con voi, signora, quando piangevate nel Pantheon.»

«Fra la gente curiosa e maligna...»

«Io vi ho guardata per un’ora, quel giorno, a Ponte Nomentano, quando lasciavate andare

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