Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
La Conquista di Roma | 379 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - La conquista di Roma.djvu{{padleft:383|3|0]]donde ella doveva arrivare: e di lontano la vedeva spuntare, un improvviso rossore colorava di fiamma il suo volto pallido, non le andava ncontro, l’aspettava di piè fermo, fingendosi distratto, disattento.
Ella arrivava sempre dopo il terzo o il quarto convegno mancato, sempre con un’ora e mezzo di ritardo, ma non si scusava mai, non ricorreva neppure a uno dei tanti pretesti femminili: e lui che fremeva di dolore, che sino a quel momento l’aveva incolpata di freddezza, di noncuranza, battendo i piedi, in preda a una nervosità invincibile, quando la vedeva comparire, non le diceva più nulla, la guardava, incantato, pagando con quel minuto acuto di gioia tutte le sofferenze passate.
Il primo minuto era sempre imbarazzante: non si sapevano dire nulla, ella seria e preoccupata, egli incapace di profferir parola, per l’emozione: e si mettevano a camminare, sotto gli alberi, lentamente, ella con gli occhi bassi, con le mani ficcate nel manicotto, per avere il pretesto di non andare sotto il suo braccio; egli girando fra le dita il sigaro spento, sogguardandola, felice,