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La Conquista di Roma | 387 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - La conquista di Roma.djvu{{padleft:391|3|0]]tendo reggere alla impazienza, si avanzava continuamente verso Ponte Milvio, bagnandosi tutto, cercando di distinguere qualche cosa attraverso quel velo di pioggia. Non vedeva nulla, ella non sarebbe venuta, era impossibile con quella pioggia, ma intanto egli continuava ad aspettare, sorretto da una uniforme speranza; la pioggia seguitava, ella non venne, naturalmente, ed egli ritornò in Roma, soltanto alle sette, bagnato, con l’umido nelle ossa, nel tram aperto, coi piedi sul legno intriso dell’ultimo carrozzone che faceva il viaggio da Ponte Molle a Roma, preso da una grande desolazione, abbattuto, con un principio di febbre. Non potette dirle nulla alla sera, ella era circondata di gente e non seppe le ore dolorose che egli aveva vissuto, là, tra la pioggia del cielo e la nebbia del fiume.
Ma l’altra volta, egli insistette. Ella disse ancora no, ma vagamente, come se rispondesse più a sè stessa che a lui. Era tarda l’ora e la temperatura fredda. Era una di quelle pessime giornate di gennaio trasportate in aprile, vento noioso e glaciale, cielo nuvoloso e basso, terreno bagnato e fangoso. Ella aveva soltanto una piccola mantellina di velluto che le copriva le spalle e