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390 La Conquista di Roma

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V.

Quando rientrò, di notte, nel suo quartierino dell’Angelo Custode, Francesco Sangiorgio aveva un po’ di febbre. La promessa fattagli da donna Angelica gli sconvolgeva il sangue: nella testa sentiva un grande ronzio, una confusione. E subito, entrando nel salottino, una impressione di freddo, il cattivo odore che vi regnava, sempre, gli aveva dato un fremito e una nausea: per non vedere quel brutto posto, così nudo, così miserabile, non accese nè il lume, nè il fiammifero. Si buttò, vestito, sul letto, sognando la casa dove avrebbe ricevuto donn’Angelica.

La sua fantasia accesa, rovente di febbre e di amore, fluttuava nelle visioni. Non sognava nulla di preciso, di determinato, egli vedeva innanzi ai suoi occhi aperti una fuga di stanze calde e profumate, dalle triplici tendine profonde, dal tappeto morbido che attutisce qualunque rumore di passi; ma non sapeva dove fossero, queste stanze, non si raccapezzava in che posto di Roma si trovassero, ora supponeva che fossero al Gianicolo, ora a Piazza Navona, ora a Via Sistina,

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