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396 La Conquista di Roma

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - La conquista di Roma.djvu{{padleft:400|3|0]]difficoltà! Infine, giunto al posto, rosso, ansimante, perso, si doveva fermare: innanzi al portone, l’onorevole Oldofredi passeggiava, ironico, minaccioso, ridente. Gli rideva finanche sul volto, sanguigna, la ferita che Sangiorgio gli aveva fatta. E faceva la guardia, andava e veniva, bruttissimo, odioso, odiante, implacabile.

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La casa era al numero 62, in Piazza di Spagna, al primo piano. Sulla soglia del portoncino, un fioraio ambulante aveva posato il suo largo cesto pieno di fiori primaverili, le violette pallide e profumate di Parma, le rose doppie, vivissime, le giunchiglie volgari dal forte odore; e tutto lo scalino era bagnato di acqua, vi era appena posto per entrare. Mancava il portinaio, come in quasi tutti i portoncini di Piazza di Spagna; e le scalette erano oscure: il pianerottolo, dove tre porte si aprivano, era appena illuminato da un piccolo finestrino. Sulla porta di mezzo, un biglietto da visita era conficcato con due spilli, il biglietto dell’onorevole Francesco Sangiorgio. Nella piccola anticamera un po’ scura, Noci aveva messo un grande cofano da nozze, nero, antico, delicatamente scolpito, su cui era disteso

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