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La Conquista di Roma | 419 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - La conquista di Roma.djvu{{padleft:423|3|0]]promesso. Se io ne parlo, non mi rispondete: lasciatemi dire, non m’interrompete. Io ho bisogno di pensare ad alta voce, accanto a una persona che m’intenda, che abbia per me dell’affetto, che mi compatisca. La pietà, anzitutto: voi sarete pietoso per me, nevvero, amico?»
«Angelica, Angelica, non dite questo...»
«Perchè, vedete, io sono come una bimba, talvolta, io dimentico la mia parte di donna grave, di persona seria. Io ridivento una creatura timida e paurosa, superstiziosa, sognatrice, piena di stravaganze puerili, di capricci inevitabili. Io sono serena, pel mondo, questo è il mio dovere, questo è il mio obbligo: ma nell’ora bizzarra, nell’ora della tristezza indefinibile, delle gioie impensate, che niuno sa spiegare, io ho bisogno che qualcuno abbia pietà di me. Avrete voi pietà di me, amico?»
E quasi a pregarlo, giunse le mani, gli rivolse gli occhi supplicanti: egli si chinò, un minuto, sulla fronte dolce e bianca, la baciò così lievemente, che parve un soffio, ma con tanta amorosa pietà, con tanta innocenza di amore, che ella, commossa, si mise a piangere silenziosamente.