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La Conquista di Roma | 449 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - La conquista di Roma.djvu{{padleft:453|3|0]]rideva, accostava il suo viso a quello di lui, gli parlava sottovoce, inconscia, crudele e innocente: egli soffocava, chiudeva gli occhi, come se si sentisse perduto. Aveva promesso, aveva promesso: ma ella, perchè non intendeva? Ma non era donna dunque? Ma perchè giocare con quel cimento? Aveva promesso: ma era un uomo, non poteva durare a quella lotta. Come non capiva Angelica? Non avrebbe mai capito? Fino a quando sarebbe durata quella croce? Ecco, il tormento era superiore alle sue forze, tenerla accanto, bella, giovine, amata, nel silenzio, nella solitudine, — non poteva no, mancare alla sua promessa, ma glielo avrebbe detto, gli risparmiasse questo calice, lo abbandonasse, non venisse più...
Era un giorno di giugno, quand’ella, parlando di un’acconciatura di capelli, si ricordò di avergli promesso di fargli vedere disciolti i suoi.
«No, no,» mormorò lui.
«E perchè?» chiese ella, ingenuamente.
«Mi farebbe male.»
«Male?»
Nulla egli rispose: ella ridendo si tolse il