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46 | La Conquista di Roma |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - La conquista di Roma.djvu{{padleft:50|3|0]]fanno da tronchi d’albero le colonnette mozzate, grande camposanto di gatti morti, grande vivaio di gatte selvagge, a cui le serve pietose di via Magnanapoli e di Macel de’ Corvi vengono a dare gli avanzi del loro pranzo. Egli non potette vedere nè la rude facciata del Campidoglio, nè l’arco di Settimio Severo, nè la Grecostasi, nè il tempio della Pace; nè tutto il grande Foro Romano: si scavava continuamente da quelle parti: non si poteva passare, nè andare sul Colle Palatino. Così spiegava il cocchiere, passando per la via di Tor de’ Conti. A un tratto la carrozza si trovò sotto il Colosseo, senza che egli, il visitatore, l’avesse visto da lontano, per la via che aveva dovuto prendere.
L’onorevole Sangiorgio sentì che doveva scendere e penetrò sotto l’arco di entrata, affondando nel terreno fangoso. Una pozza di acqua piovana, larga, con gli orli verdicci di vegetazione, era sulla soglia dell’Anfiteatro Flavio: nelle cavità delle pietre bianche sparse qua e là, nelle scanalature degli scalini, perfino nella mano di un tronco di statua, vi era dell’acqua piovana.
Francesco Sangiorgio, maravigliato di quella immensità di mura, cercava di orientarsi: dov’era,