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Tramontando il sole 213

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— Io non ti sono amica, Giovanni: ti ho troppo amato per esserti amica.

— Io sono il più sventurato fra gli uomini — egli gridò, gittandosi sovra un banco, non reggendo più.

Ella gli sedette accanto: aveva gli occhi bassi, dietro la veletta.

— Giovanni, sii buono, non diminuire il mio coraggio. Vedi.... per giungere a questo, la mia anima ha dovuto fare un così lungo viaggio! Ho detto io, la parola estrema: io! Che ho innanzi, io? Sai che esistenza di solitudine, d’inutili e tardi rimpianti, di pentimenti postumi, di lacrime senza conforto? Sai che lungo e deserto viaggio io intraprendo, sino alla morte, sola?

— Il più sventurato fra gli uomini! — gemeva lui, con la faccia fra le mani, come un fanciullo abbandonato.

— Eppure.... io, io stessa rinunzio. Tutto è stato inutile, fra noi: il tuo amore, prima; il mio amore, dopo.

— Almeno, almeno, non mi avessi amato! — esclamò lui, in un ingenuo scoppio di dolore.

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