Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
L'amante sciocca | 247 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - Le amanti.djvu{{padleft:257|3|0]] trascorrere il tempo, nel più profondo silenzio. Il cocchiere seguitava a far trottare il cavallo, pigramente: la carrozza andava, andava, lontano, punto nero sopra la via giallastra; e Adele, obbliata, era presa da una voglia irresistibile di piangere. Allora, quando non ne poteva più, si voltava a Paolo, lo guardava coi suoi belli occhi grandi, sorpresi e un po’ supplici. Egli la guardava, ma non aveva l’aria di vederla. Ella lo chiamava, piano:
— Paolo....
— Che vuoi?
— Dimmi qualche cosa.
— Che cosa?
E la voce sua era così strana, come di un dormiente che sogna, una voce di persona lontana, una voce di anima distaccata dal minuto presente, dallo spazio presente. Adele trasaliva:
— Mi ami, Paolo? — gli chiedeva, per il bisogno di parlare, di sottrarsi all’incubo dell’ambiente.
— Ti adoro — rispondeva lui, con un tono di maggior sonnambulismo.