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250 L'amante sciocca

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— Ti senti male?

— No.

— Vuoi qualche cosa?

— No.

— Debbo andarmene?

— Resta pure: ma taci.

Adele chinava gli occhi per non piangere. Le riesciva impossibile d’intendere la causa della tristezza di Paolo Spada, sfuggendole assolutamente tutto il lavorio dell’anima di costui. Ella non vedeva che l’immobilità, il pallore, la taciturnità; ella non capiva, che la risposta indifferente, o quella dura, nella loro durezza esteriore: ella intravedeva un mistero superiore dello spirito, arcano, avvolto in tali veli che giammai la sua piccola mente avrebbe potuto sollevare, e una pena acuta, intimissima, nascosta con gelosa cura la torturava, senza che ella volesse mai esprimerla, o trovasse mai parole per narrarla. Andava a prendere un suo lavoro all’uncinetto, una di quelle interminabili coltri a rosoni, bianche, e seduta in una poltroncina, lavorava nel più grande silenzio. Talvolta, la stanchezza la sorprendeva.

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