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266 | L'amante sciocca |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - Le amanti.djvu{{padleft:276|3|0]] stie inconcludenti, deboli e vigliacche — esclamava lui, nella brutalità delle giornate di abbattimento.
— Non dire questo, Paolo.
— Taci, Adele. Vattene.
Ebbene, ella si accorgeva che negli accasciamenti della sua febbre d’arte, in quegli accasciamenti in cui tutti i mortali chiedono soccorso di tenerezza, ella non poteva consolarlo. Sensibilissima sentimentalmente, ella misurava col cuore timido e trepido questa sua impotenza e la esagerava. Quel male ignoto e quel dolore ignoto traevano origine da radici di profonde e sconosciute infermità morali e forse fisiche: ella poteva bene piegare il volto su quell’ombra, il suo inesperto sguardo nulla vi potea mai distinguere. Adele si ritraeva, con un senso vivo di umiliazione sempre rinnovantesi e che le aveva omai aperto nell’anima una fine ferita sempre sanguinante e sempre frizzante. Il silenzio era il suo rifugio, dove naturalmente, le più semplici e anche le più tormentose supposizioni la facean dubitare di sè stessa, di Paolo