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Sogno di una notte d'estate | 311 |
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La voce era tenue e un po’ tremula, ma le parole si udivano distintamente. Massimo tese l’orecchio, guardò acutamente, e si accorse che la donna si dondolava sopra una sedia, cantando, come se si cullasse; aspettò che ella avesse finito, poi, piegandosi sulla ringhiera, chiamò:
— Luisa, Luisa?
— Che volete? — rispose una fresca e lieta voce femminile.
— Buona sera: vi sto ascoltando, ma la vostra canzone è troppo triste.
Perchè non ridete un poco?
— Così, per ordine vostro?
— Ve ne prego: ridete.
— A che servirebbe?
— Per rallegrare la mia infinita malinconia.
— Voi, malinconico? — e diede in uno scroscio di risa fresco e limpido.
— Brava, brava! — egli esclamò, applaudendo.
Lei, per parlare con lui, si era alzata dalla sedia, si era messa all’angolo del balcone, curvandosi per veder meglio, e