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348 Sogno di una notte d'estate

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Ella lo fissò, trasognata, come se non avesse udito che l’armonia della sua voce, senza intendere il senso delle parole.

— Sono carini.... — egli ripetè — ve li donerò io, se li volete da me; mi piacciono tanto.

Ancora scherzava con la mano, quasi attirando a sè la persona e l’anima della fanciulla: e la bella persona e la povera e cara anima, non sapeano che piegarsi a lui. La testolina si appoggiò con la guancia alla spalla di lui, socchiudendo gli occhi; e pian piano, delicatamente, quasi a sorreggerla, Massimo le passò un braccio dietro alla cintura, abbracciandola, reggendola.

— State bene così? — le domandò, con voce roca.

Ella accennò di sì, con le palpebre, non potendo parlare.

— Non vi addormentate alla luna, almeno, Luisa. La luna fa impazzire chi si addormenta al suo chiarore.

Ella ebbe un sorriso così profondo, così enigmatico che lo scosse. Poi, tacquero. Passò del tempo, così. Confusamente,

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