< Pagina:Serao - Le amanti.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

La grande fiamma 27

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - Le amanti.djvu{{padleft:37|3|0]]condava il capo, il viso, il collo, si chinò, commossa, a baciarle la mano:

— Io la rivedrò, nevvero? — chiese, cercando di trattenere le lacrime.

— Forse — disse donna Grazia, andandosene, senza voltarsi.

Tanto la fatalità li aveva vinti, ambedue.

Donna Grazia non vedeva nè il mite sole che rallegrava le vie di Napoli, nè le azzurrità fini del cielo e del mare, nè la folla lieta che si godeva quel giorno soave: chiusa nella carrozza da nolo, guardando ogni istante il piccolo orologio sospeso alla cintura pur senza vederne l’ora, ella divorava lo spazio con la mente, cercava di ripetere per la millesima volta il calcolo del tempo e dello spazio, per chetare la propria impazienza. Sarebbe partita da Napoli per Roma alle due e cinquantacinque, col treno piú celere, tutta sola nel suo compartimento; sarebbe giunta a Roma alle otto e trentacinque della sera; alla stazione avrebbe ritrovato Ferrante e dopo un’ora e mezzo, in cui non sarebbero neppure entrati in Roma, sarebbero ripartiti, via Firenze e Bologna, per

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.