< Pagina:Serao - Le amanti.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

La grande fiamma 55

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - Le amanti.djvu{{padleft:65|3|0]] tina, opaca. Ogni tanto una pianta acquatica, senza fiori, senza foglie, cioè un cespuglio di rami nudi e neri, irti come spini, usciva dall’acqua: o un pilone nero, un po’ inclinato, sorgeva dal fondo. Una lieve nebbia argentina ma senza luccicori fluttuava sull’acqua, e tutto l’orizzonte era della stessa tinta, senza che si potesse distinguere dove l’acqua finisse, dove cominciasse il velo di nebbia. Un vento umido e molle alitava. E il vagone parea molle di umidità, tutto il treno pareva andasse sull’acqua dormiente, attraverso la nebbia, fra il fiato umido e soffocante.

— Ecco Venezia — disse Ferrante, un po’ ansioso, guardando più il viso di Grazia che il paesaggio.

— Non vi è — diss’ella, vedendo solo la laguna e la nebbia, tremando un po’ nella voce, pallidissima.

Si risedette; due volte mise la testa fuori del cristallo, guardò attorno, lungamente; si passò le dita sulla manica, come per sentire se fosse molle di umidità. Alla fine, fra la laguna e la nebbia, sorse qualche profilo bigio di una massa più oscura.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.