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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - Mors tua.djvu{{padleft:136|3|0]]— Debbo andare, debbo; non posso lasciar morire una donna ...
— Tutte lo dicono, tutte lo minacciano ...
— Questa lo fa, Altomonte: non la conosci: è partita da Roma, un mese fa, in mezzo alle difficoltà più terrìbili, in mezzo a tutti i rischi, i più tragici e i più esosi ... È giunta venti giorni fa, in città: ed è nascosta, da venti giorni, in una stanza, ad aspettarmi e sono già tre volte, che m’invoca, che mi chiama, disperatamente ... e io non posso più resistere ... lo andrò, andrò stassera ...
— Valli, sai a che ti esponi? T’incontrano, veggono di dove vieni, capiscono dove vai ... Valli, ti vuoi perdere?
— Non importa, Altomonte, se non vado, Loreta si uccide ...
— Valli, Valli — soggiunse più gravemente l’amico — sai che forse, da un minuto all’altro, noi si parte, per un’azione in grande stile? Non lo sai?
— Lo so, lo so, non me lo dire!
— Vuoi disertare?
— Altomonte, abbi pietà di me! — e gli butta le braccia al collo, nel suo strazio. L’amico tace, pensoso, tenendolo fra le braccia, parlandogli, ancora.
Giunge a sera avanzata, Carletto Valli, nella città, poiché ha lasciato la villa patrìzia, quando già vi regnava il silenzio del riposo e perchè ha sperato trovare silenzio e solitudine serale, nella città: e passarvi, quindi, inosservato. Ma, invece, dalle prime piccole vie, la città appare splendidamente illuminata, quasi incurante del pericolo, che può venire dal cielo, ove possono giungere gli aeroplani nemici: i caffè, numerosissimi, ogni tre o quattro botteghe, sono traboccanti di luce e gremiti di gente: da varìi di essi, viene suono di musica e talvolta canto di donna, musica strìdula e voce rauca, in dissonanza con la musica e con la voce del caffè vicino: in qualche altro