Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 240 — |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - Mors tua.djvu{{padleft:248|3|0]]
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
— 240 — |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - Mors tua.djvu{{padleft:248|3|0]]Guido — disse, lento, l'avo, scrutando severamente suo nipote.
— No. Ma con l’aiuto del dizionario, ho tradotto, parola per parola, questa lettera di amore ... Quanto tempo vi ho messo! Ma sono riescito a tutto comprendere ... — e si lasciava andare, a una divagazione.
— Ah! — esclamò, soltanto, don Francesco, le cui sovracciglia sempre più si univano, sovra un suo malo pensiero.
Guido Soria, inconscio, seguitava a divagare.
— Anche l’altra lettera, quella della madre, l’ultima, che egli portava addosso, ho tradotto ... Quella sua madre, era folle di amore, pel figlio ... Come mamma mia ...
— Già — consentì, il vecchio, come se avesse masticato, con le sue dure gengive quella parola*
— Lo baciava sugli occhi ... — divagò, ancora, il nepote — Come mamma mia ...
— Già — mordette, con le sue gengive senza denti, la parola, il vecchio.
— Quegli occhi, sono restati aperti, dopo la morte, nonno — disse il nipote, con un senso di sgomento, da fanciullo — Aperti ... anche sotterra, nonno ...
E parve che tremassero le sue labbra e battessero le sue palpebre.
— Porta via tutto — disse, rudemente, il vecchio, buttando il taccuino e gli altri oggetti, al nepote — Va via. Ho sonno. Buona notte.
Senza benedirlo, come ogni volta, il vecchio chiuse gli occhi, girò la testa dall’altra parte, restò immoto.
— Buona notte, nonno — rispose, umilmente, tristemente, il nepote, raccogliendo i suoi trofei di guerra, andandosene, con passo incerto e con spalle curve.
Rientrò, nella sua stanza: richiuse la sua porta: fu solo. E depose i pochi oggetti di Hans Flugy, sul suo scrittoio. Quasi magicamente, il taccuino si riaprì e i visi, belli, lieti, amorosi, riapparvero.