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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Serao - Mors tua.djvu{{padleft:302|3|0]]— Era un uomo, come me: e aveva diritto di vivere la sua vita: e io, ferocemente, gliel’ho tolta!
Costantini non sa più cosa opporre allo strazio segreto di quella coscienza, che si è, adesso, fatto palese, innanzi a lui. Egli tace, guardando spaurito il suo tenente, che è molto più malato nell’animo che nel corpo: e il brav’uomo curva la testa, innanzi a quella crisi terribile. Guido Soria si leva dal suo posto, si avvicina a Costantini, gli mette le due mani sulle spalle, lo fissa intensamente negli occhi e con voce sorda, gli dice:
— Costantini, tu che sei stato sempre buono, in guerra, tu che ti sei tolto il pane di bocca, per darlo ai prigionieri, tu che hai dato sepoltura a Hans Flugy, e hai messo sulla sua fossa la croce di Cristo, dimmi, che cosa dicono gli occhi di quel morto?
— Ma io non lo so.... io non posso saperlo.... io sono un ignorante.,..
— Non lo sa la tua mente, ma lo indovina il tuo cuore.... Tu sei stato pietoso.... Tu puoi leggere in quegli occhi.... Guardali, guardali!
— Ma che vuole mai da me, signor tenente? Io mi confondo.... io perdo la testa!
— Per amor mio, se mi hai voluto bene, Costantini, guarda, guarda, indovina, leggi!
E con una mano di ferro curva, novellamente, la testa del buon marchigiano, sulla delicata miniatura, ove è l’immagine giovanile e innocente di colui che fu ucciso. Aggiogato, soggiogato, Giacomo Costantini veramente scruta in quegli occhi e con tutte le sue semplici forze spirituali, cerca d* indovinare che cosa mai possano esprimere: dopo due o tre minuti di esame, si solleva e dice, come in sogno:
— Mi pare....
— Che ti pare?
— Mi pare che dicano, a lei, signor tenente: «Che ti avevo fatto?» E che soggiungano: «Io non ti avevo fatto niente»,