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— Questa è la mia volontà.
— Ma che vuol fare, che vuol fare, lei?
— Fare un viaggio, un lungo viaggio.
— Un lungo viaggio? E dove?
— È inutile il dirtelo, amico mio.
— Signor tenente, se ho meritato da lei qualche cosa, se crede che io debba avere un compenso, la prego tanto, non mi lasci all’oscuro di quello che ella vuol fare... Io le voglio bene, lei lo sa, lo sa!
— Hai ragione, Costantini. Ascolta, dunque. Io mi parto di qui e vado in Austria. Vado nel paese di Hans Flugy, a cercare della sua casa e dei suoi genitori. Ho, qui, se non lo sai, tutte le notizie. Se non vi sono più, i suoi vecchi, li cercherò altrove. Debbo entrare nella casa che abitano, salutarli, sedermi e dir loro qualche cosa, che debbono conoscere. Quando li avrò trovati e mi avranno udito, e mi avranno risposto, mi accommiaterò da loro e cercherò ove sia la fidanzata di Hans Flugy, Lotti Rabitsch. A lei, anche debbo dir qualche cosa e aspettare la sua risposta. Chi sa quanto tempo, quante ricerche ci vorranno, perchè io compia tutto questo! Dopo, andrò a cercare gli amici di Hans Flugy, quelli della sua infanzia, della sua giovinezza, i suoi commilitoni: ovunque egli abbia vissuto, io andrò. Seguirò tutte quante le sue tracce... E Valdivia mi rivedrà, più tardi, me solo... alla fine del viaggio...
Giacomo Costantini tace e guarda Guido Soria, con inconsolabile tristezza.
— Io vivo col mio morto, Costantini: io vivrò con lui, sino all’ultima mia ora. — E il gesto e la parola di Guido Soria, chiudono intorno a lui, il tempo, lo spazile gli eventi. E Costantini pensa che vi è, in Roma, un’altra madre che ha perduto suo figlio.