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E Bettina, scoppiando in lacrime convulse, batteva con la bionda testa, sulla lucida tela incerata della tavola da pranzo.
— Bettina, Bettina... — balbettò il povero padre, soffocando di emozione, posando la mano paterna sulla testa della sua figliuola.
— Consenti, papà, consenti? — ella domandò fra il pianto.
— Acconsento:... ma come farai, sola, a quel duro mestiere?
— Non sola! Tu mi lasci Pippo, è vero, il facchino, che ha cinquant’anni, che non andrà al fronte, e che andrà rilevando i giornali, nelle tipografie...
— Sì, Pippo lo seguiterà a fare, col suo ragazzo... ma è ubbriacone, Bettina, sta in guardia...
— Lo sorveglierò, sii tranquillo... E Cecchino, qui, è vero, mi aiuterà anch’esso, andrà in giro, nelle case dei buoni clienti... Cecchino, parla! — ella disse, forte al fratello.
— Cecchino, così svogliato, così birbone... — borbottò, scontento, il padre, a viso accigliato.
— No, no, papà, Cecchino ha promesso, a me, di esser buono, di lavorare... poichè tu sei in guerra... e ci lasci, papà nostro... Cecchino, dillo a papà.
Il figliuolo si avanzò, verso il padre, lentamente, lo guardò fiso negli occhi, gli disse, sottovoce:
— Ho promesso a Bettina nostra: prometto anche a te...
— E ti voglio credere — disse il padre, fissandolo seriamente negli occhi, attirandolo a sè, abbracciandolo,
Fu un moto spontaneo e precipitoso, fra i tre ragazzi: gli si strinsero addosso, lo abbracciarono, lo baciarono, convulsamente, formarono, su lui, un grappolo umano, mentre a lui, Cesare Pietrangeli, grasso, largo, acceso, tremavano le mani, e non potea dire, con poca voce, che questo:
— Figli miei... figli cari di papà vostro...
In fondo alla stanza, Mariuccia andava e veniva, piano, tenendo coricato il pupo Augustarello sulle