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Allora Gavina provò contro di lui quell’ira insensata che si prova talvolta contro i malati rabbiosi, ribelli ad ogni cura, e si mise a camminare attraverso la camera gridando:
— Luca! Ti fingi stupido, ma non lo sei! Quando vuoi capire, capisci benissimo. E, del resto, è inutile che tu finga: so tutto quello che tu pensi!
— E anch’io so quello che pensi tu!
— E allora parliamoci francamente. Domani posso andarmene e non sentir più parlare di voi e delle vostre miserie! Ma, prima di andarmene, tengo a farvi sapere che non sono quale voi mi credete. Hai capito? Hai capito? Ed a Michela dirai che io voglio bene alla sua bimba più che non gliene voglia lei stessa. Hai capito?
— Perchè non vai tu a dirglielo?
— E sicuro che ci andrò! Sicuro!
— Va! va! — egli disse con ironia.
— Sì che ci vado! Ho da dirle parecchie cose!
— Anche lei deve dirtene!
— Ah, sì? Meglio! Mi dirà chi le ha suggerita l’idea che io possa far del male a una bambina. Sei stato tu? No? E allora chi? Soltanto i pazzi possono dire certe cose!
— E se siamo pazzi lasciaci come tali! — egli disse alzandosi e andando a chiuder la finestra. E chiusa che l’ebbe parve più tranquillo, più attento: tornò a sedersi sul let-