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DA PASQUINO AL BELLI

E ALLA SUA SCUOLA


I.

Se è discutibile l’opinione, diffusa quasi come il nome di Pasquino, che il popolo della Roma papale fosse addirittura il più satirico del mondo, non può tuttavia mettersi in dubbio che fosse uno dei più satirici, come, anzi perchè il Governo de’ Papi era uno dei più cattivi.

“Ognun vede„ (io scrivevo nella mia vecchia Prefazione al Belli, che rifonderò qui correggendola e ampliandola, ma della quale mi tengo ancora onorato, perchè fu la prima parola intorno al grande poeta, e fu insieme una pagina di quella difettosa ma santa letteratura patriottica che mirava ad aprirci le porte della nostra Capitale), “ognun vede quanto propizio terreno sia Roma per la satira, dove essa ha un doppio bersaglio: il dispotismo politico e quello religioso. Il lusso smodato della corte; i privilegi, gli abusi, l’ignoranza di quell’immoralissimo governo; i birri, le spie, la censura, il servidorame, l’intolleranza politica e religiosa, il concubinato di tanta parte del clero, la feroce persecuzione contro ogni libera idea, l’aborrimento d’ogni cosa nuova, benchè utile e ragionevole, sono altrettanti argomenti che si presentano da sè al poeta satirico.

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