< Pagina:Sonetti romaneschi I.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
cxcii Prefazione

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi I.djvu{{padleft:204|3|0]]

Questi vostri artifizi . . .
Il Triregno non curo, e tu all’amico
Portalo, e di’ che non lo prezzo un fico.
  (Da a Sersale il Triregno.)
  Recagli quel Triregno,
  Digli ch’io lascio il Trono:
  Rammentagli chi sono,
  E vedilo arrossir.

Rivolto quindi a’ suoi fautori, prosegue:

  Voi serenate il ciglio,
  Se il viver mio vi piace:
  Io goderò più pace
  Prima del mio morir.

Il secondo atto si chiude con quest’aria del Sersale, il quale ayeva per un momento ripensato al Negroni; ma, visto spirargli il vento contrario, si schiera subito nel novo partito per il Fantuzzi:

  Se bel tronco crescer vede
  Di zibibbo o pizzutello,
  S’aifatica intorno a quello
  Il geloso agricoltor.
  Ma da lui rivolge il piede,
  Se lo vede imbastardito,
  s’accorge ch’ha patito
  Nella pianta o nell’umor.

.

Nel terzo atto, il cardinal D’Elei così descrive le discordie del Conclave:

... Or l’uno or l’altro a suo piacer n’aggira
O l’ambizione, o l’avarizia, o l’ira.
  Siam navi all’onde algenti
  Fra la tempesta e il tuono:
  Impetuosi venti
  1 Cardinali sono.
  Tutto il Conclave è un mar.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.