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Prefazione ccxvii

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi I.djvu{{padleft:229|3|0]] bella per molti passi veramente spiritosi, e più ancora per nn sentimento sincero e profondo delle sciagure italiane:

  O dei volatili
Pinto drappello,
Odi la storia
D’un tuo fratello.
  Nella romulea
Città beata.
Dal suo Pontefice
Infranciosata,
  Era bellissimo
Un pappagallo,
Bianco-porpureo
E verde-giallo.
  Presso d’un chimico
Laboratorio,
Cantava i scandali
Del fu Gregorio.
  Era satirico
Motteggiatore,

E de’ retrogradi
Persecutore.
  Vedea canonici.
Frati e piovani?...
Gridava subito:
  “Razza di cani!„
Un dì battendosi
Vita per vita.
Beccò la chierica
D’un gesuita.
  Siccome indigeno
Americano,
Era fierissimo
Eepubblicano;
  Quindi in sua stridula
Voce nativa.
Alla Repubblica
Cantava evviva.

Ma ecco, un bacchettone va e riferisce al Triumvirato Cardinalizio che il pappagallo ha dato dell’apostata a papa Mastai. Le eminenze, sorprese del novissimo caso e dell’audacia della bestia,

  “Cospetto!„ esclamano,
"Anche gli uccelli
In questo secolo
Sono rubelli?
  È un sacrilegio,
Un malefizio:

Bisogna chiuderlo
Al Sant’Uffizio.
  È bestia eretica,
Indemoniata,
In Coena Domini,
Scomunicata.„

Cessato però questo primo bollore di collera, e riconosciuto che non conviene fulminar la scomunica contro una bestia.

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