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Sonetti del 1847 417

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi V.djvu{{padleft:427|3|0]]tato.]      8 [Un macello, uno sterminio.]      9 [Matrimonio.]      10 [Proverbio, la cui vera forma e questa: Le donne s’attaccheno sempre ar peggio o ar più peggio.]

ER GUARDAPORTONE

  Io me n’entravo co’ la pasce mia,
Quanno da un bussolotto in d’un cantone
Sarta fora er munzù gguardaportone,
Disce: “Che vvolevù? psch, marcé vvia.„

  “Ihì, ddico, e cch’edè ttant’arbaggia?
Lei impari a ddistingue le perzone.„
Disce: “Vu sè un gianfuttre„, e ccór bbastone
Me stava pe’ stirà la bbiancheria.

  “Sete un gianfutre vói, dico, sor utre
De ventaccio abbottat’ar cimiterio:
Voi, parlanno accusì, ssete un gianfùtre.„

  Come finì? Finì c’a sta schifenza
Bbisoggnava arispònneje sur zerio.
Ma cche vvòi che fascessi? usai prudenza.

31 gennaio 1847

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