< Pagina:Sonetti romaneschi V.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.
450 Sonetti del 1847

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi V.djvu{{padleft:460|3|0]]

. . . . . . . . . . . . . .

  Sora Crestina mia, pe’ un caso raro
Io povero cristiano bbattezzato
Senz’avecce né ccorpa né ppeccato
M’è vvienuto un ciamorro da somaro.

  Aringrazziat’iddio! l’ho ppropio a ccaro!
E mme lo godo tutto arinnicchiato
Su sto mi’ letto sporco e inciafrujjato,
Come un zan Giobbe immezzo ar monnezzaro.

  Che cce volemo fà? ggnente pavura.
Tant’e ttanto le sorte sò ddua sole:
Drento o ffora; o in figura o in zepportura.

  E a cche sserveno poi tante parole?
Pascenza o rrabbia sin ch’er freddo dura:
Staremo in cianche quanno scotta er zole.

21 febbraio 1849

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.